Cos'è
In occasione della XXI Giornata del Contemporaneo inaugura sabato 4 ottobre alle ore 18 – e fino al 6 dicembre - all’Haus der Kunst dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, Poetik der Gegenstände (Poetica degli oggetti), il nuovo progetto del Verein Düsseldorf Palermo Con il sostegno di Landeshauptstadt Düsseldorf e Johanna Ey Foundationche presenta i lavori di Tine Bay Lührssen, Boris Becker, Andrea Di Marco, Daniele Franzella, Bart Koning e Rossella Palazzolo.
La mostra riunisce, sulla scia di molti progetti del Verein Düsseldorf Palermo, artiste e artisti di diverse generazioni e provenienti da diversi ambiti delle arti visive, in uno scambio continuo tra scena siciliana e tedesca, attorno all’idea che gli oggetti siano in grado di rivelare valori simbolici, evocativi e critici, che vanno oltre la rappresentazione mimetica della realtà.
Nelle opere in mostra, gli oggetti sono assoluti protagonisti, presenze formali che trascendono la propria utilità per divenire veicolo di immagini, affetti, tensioni narrative o contemplative. “Questo avviene”, si legge nel testo critico, “attraverso l’emersione di significati che si manifestano nella forma e nei suoi medium possibili, nella scelta dei materiali, nei processi artistici, nella tensione tra presenza e assenza, tra la funzione dell’oggetto e la sua sospensione – e nella sua capacità di condensare in sé il trascorrere del tempo”. Come spiegano i curatori.
La Poetica degli oggetti viene così investigata attraverso il lavoro di Boris Becker (Colonia, 1961), fotografo e artista di fama internazionale che nell’estate del 2020, ha intrapreso un viaggio in barca lungo le vie navigabili interne dell’Europa, dai Paesi Bassi alla Polonia, documentando fotograficamente – con circa 650 scatti in bianco e nero – i ponti incontrati lungo il percorso. Le fotografie di Becker in mostra, composte in tableaux o in stampe di grande formato, restituiscono una panoramica di oltre centocinquant’anni di architettura del ponte: tutte le immagini sono state realizzate da un punto di vista costante, situato al centro del corso d’acqua, in cui il ponte assume il ruolo di soggetto principale.
Sono in apparenza anonimi e privi di pretesa estetica gli oggetti rappresentati nelle tele di Andrea Di Marco, (Palermo, 1970-2012) artista tra i più amati della Scuola di Palermo. A un primo sguardo, l’opera di Andrea Di Marco potrebbe evocare la tradizione della pittura di paesaggio, in particolare quella dei siciliani Leto e Lojacono; la sua ricerca però si colloca entro una più ampia riflessione sullo statuto dell’immagine e del visibile, portando alla luce, nelle sue pitture, scorie, detriti e oggetti spesso secondari e dimenticati, attraverso una rigorosa composizione formale e tecnica: centrale nella sua pratica è l’interazione di differenti medium – le fotografie, sviluppate in forma di diapositiva, attraverso cui selezionava i soggetti delle sue opere – che alimentano un vasto corpus visivo presentato nell’esposizione accanto alla sua produzione pittorica.
Le opere di Tine Bay Lührssen (Flensburg, 1973) costituiscono un’indagine sulla dimensione poetica dell’oggetto nella quotidianità. Elementi formali estratti dal contesto domestico vengono riorganizzati in strutture realizzate prevalentemente in legno, cartone e metallo, assumendo la forma di corpi spaziali polivalenti e sottraendosi a una lettura univocamente funzionale: questi “nuovi” oggetti mettono in discussione categorie interpretative consolidate, chiedendosi del rapporto tra soggetto e oggetto, delle funzioni potenziali di quest’ultimo e delle prospettive cognitive ed esperienziali che esso può attivare.
Daniele Franzella (Palermo, 1978) presenta una serie di opere ispirate alle celebri macchine da scrivere prodotte da Olivetti, reinterpretate attraverso la pratica scultorea della ceramica. Gli oggetti, che richiamano nella forma l’archetipo funzionale di provenienza, vengono sottoposti da Franzella a un processo di astrazione e rimodulazione che li trasforma in carene di oggetti potenziali: forme di funzionalità inespresse, che esistono al di fuori di ogni possibilità d’uso. Per l’occasione, Franzella realizza un cabinet inedito, in cui queste carene vengono esposte insieme a oggetti su un tavolo da ufficio immaginario, allestiti come figure autonome ma simultanee, punti di vista esclusivi che collidono su un’idea di forma che attraversa epoche, tecniche e linguaggi, tra memoria industriale ed estetica del design in dialogo con echi arcaici, generando un dispositivo plastico e ucronico sospeso tra passato e possibilità alternative del presente.
Nel dipinto Ford Perfect, così come nei ritratti dedicati alle figure giocattolo, Bart Koning (Amsterdam 1957) indaga il concetto di formato come dispositivo percettivo e semantico. Il giocattolo, concepito come replica in scala ridotta della realtà, diviene per l’artista il punto di partenza per un’operazione di inversione proporzionale. Attraverso un consapevole ingrandimento che tenta, per paradosso, di ripristinare il “formato originario” del soggetto del giocattolo, l’oggetto viene restituito a una dimensione visiva amplificata, capace di riattivare l’attenzione verso dettagli altrimenti trascurati nella loro scala consueta, e di rivelare una monumentalità nell’oggetto, attraverso una pittura nitida che pone i soggetti/giocattolo a confrontarsi con generi tradizionali della pittura come il ritratto. Le opere in mostra spostano il focus dal contenuto alla composizione formale e materica dell’immagine.
Le opere di Rossella Palazzolo (Palermo, 1983) si caratterizzano infine per l’impiego costante del cemento come materiale sia plastico sia concettuale. I lavori esposti si presentano sotto forma di sezioni di oggetti regolari che evocano reperti archeologici, come nel caso dei vasi modulari che contengono piante, o frammenti di affreschi, come nei transfer analogici. Attraverso questa operazione, il cemento viene sottratto alla sua destinazione d’uso, quello edilizio per essere riscritto in una temporalità altra, che ne sospende la funzione originaria. Nei transfer Palazzolo muove da motivi naturalistici, indagando le geometrie interne e i rapporti tra gli elementi, traducendo l’effimero della rappresentazione in forme reificate. Nei vasi modulari, geometrie differenti dialogano alla ricerca di un’armonia compositiva che si pone in tensione con la natura della pianta e con il materiale utilizzato.